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White Egrets non è – Dio non voglia – un canto di addio. E c'è un che di dantesco in quegli aironi e in quelle garzette («egrets») che danno il titolo alla raccolta e che si muovono come anime candide nell'approdo incantato della sua isola. E da lì, dall'ultima delle tante soste in patria, prima di ripartire ancora una volta per concedersi al mondo che lo vuole applaudire, le liriche si susseguono in un continuo riandare con la memoria alle tappe di tanti viaggi, soprattutto in Italia. Uno dei temi centrali – oltre alla vecchiaia, la fine incombente, gli amici scomparsi – è il classico amore infelice.
Ma il tono elegiaco che pervade il tutto viene dalla premonizione di una nostalgia, già annunciata e che si concreterà in futuro, per il distacco da un paradiso – l'eterno presente che è qui, ora, in questo mondo – di cui resterà solo un ricordo dopo la morte.